In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».
Le domande non sono tutte uguali. Non sempre nascono dalla sete di verità. Non sempre quindi cercano una risposta. Questa domanda non è per ereditare la vita eterna, ma per esaminare Gesù.
Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?».
Gesù risponde con altre due domande. Gesù è intelligente e non si lascia ingannare, non accetta di rispondere come se la domanda fosse stata fatta per un’esigenza spirituale sincera. Si potrebbe qui aprire tutto il capitolo dell’insincerità con Dio e delle domande che ci vengono fatte su di Lui.
Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
La risposta è corretta. L’esperto conosceva il comandamento-sintesi di tutta la Legge e a Gesù, astutamente, non resta che confermare. “Bravo! Vedi che lo sapevi?” A questo punto il dottore della legge sentendosi sciocco, perché volutamente Gesù gli ha fatto fare la figura dello stupido, volendo giustificarsi, disse: «E chi è mio prossimo?»
Come a dire, il problema è proprio questo, capire chi è la persona che deve essere oggetto di questo amore. Questo ti volevo chiedere da subito perché è molto difficile capire chi è colui da amare. Il problema potremmo dire, facendo grammaticalmente l’analisi logica, è nel complemento oggetto.
Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico …
Questo racconto, con cui Gesù chiude la partita, contiene almeno due terribili provocazioni.
In primo luogo Gesù racconta una storia in cui la vittima non può fingere. È evidente dal luogo in cui si trova (in mezzo al deserto) e dallo stato in cui è ridotto (mezzo morto perché picchiato a sangue) che senza aiuto quest’uomo morirà. Gesù provoca il dottore della legge ricordandogli che il difficile non è capire chi sia la persona da amare come se stessi. È impossibile non capirlo quando ci si trova davanti a una situazione di vero bisogno. È una persona reale e vicina, la incontri sulla tua stessa strada, è nelle tue possibilità fare qualcosa per lei e se tu non lo farai potrebbe morire. Gesù, potremmo dire, sposta l’attenzione dal complemento oggetto, la persona bisognosa di cure, al soggetto, colui che ha la libertà di farsi o non farsi prossimo.
La seconda provocazione, ancora più forte, è che nel racconto colui che si ferma ad accudire in modo così completo il malcapitato è un samaritano, un uomo che dal punto di vista religioso, a detta dello stesso Gesù, vive nell’errore. Gesù schiaffeggia il dottore della legge ricordandogli che conoscere la Parola non è vivere la Parola e che questa Parola è così vicina al cuore dell’uomo che anche un eretico può viverla.
Il Vangelo di oggi è duro per molti. Sicuramente per tutti noi. Per la nostra cecità volontaria per quelle situazioni reali, vicine, evidenti alla nostra coscienza per cui avremmo la possibilità di fare qualcosa. Non penso assolutamente all’accattonaggio professionale che foraggia droga, alcolismo e illegalità sulle nostre strade. Questo Vangelo è una condanna implicita fortissima anche a coloro che fingono di avere fame, di avere sete e di essere nudi. Coloro che professionalmente sfruttano la compassione scritta dentro il cuore di ogni uomo. Ma, a mio avviso, è anche una condanna all’informazione globale che ogni secondo si limita a scaraventare sulla testa del singolo le valanghe dei drammi di ogni angolo della terra rispetto ai quali nulla si può, alimentando un senso tremendo di frustrazione, di impotenza e di colpa. Questo modello comunicativo globale ha terribili conseguenze sociali. La compassione naturale dell’uomo è inaridita dall’inganno e dalla violenza di un’informazione che percuote il singolo e non mette in crisi chi ha il potere di intervenire con mezzi adeguati. È racconto o a volte semplice comunicazione della tragedia senza mai diventare feroce e incalzante denuncia politica. Che per tutti noi il buonismo politicamente corretto per il lontano generico non diventi fumo per coprire una spietata indifferenza per il vicino concreto, platealmente bisognoso e reale. Magari un figlio, una moglie malata, un padre anziano, anche uno straniero, ma quello che ha un nome, che incontri veramente e che davvero ti interpella di persona.
di Padre Maurizio Botta C.O.





