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Il grande pittore giapponese Katsushika Hokusai poco prima di morire scriveva: “Dall’età di sei anni ho la mania di copiare la forma delle cose, e sono cinquant’anni che pubblico disegni; tra quel che ho raffigurato non c’è nulla degno di considerazione. A settantatré anni ho a malapena intuito l’essenza della struttura di animali ed uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito e a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso.” Lo stupore di questo grandissimo artista davanti alla complessità non replicabile di una sola foglia, ci porta a fermarci davanti all’abisso di mistero che è ogni volto umano. Inarrivabile, a maggior ragione, il vero volto di Dio se non fosse Egli stesso a volersi rivelare.
Una rivelazione graduale con un suo metodo. Dio, nei secoli, correggerà progressivamente quelle convinzioni religiose che finiscono per deformare i tratti del suo volto. L’intuizione che a Dio, se è Dio, occorra donare le realtà più preziose, degenerò in molti popoli nella pratica del sacrificio umano dei figli alle divinità. Dio sceglie, elegge Abramo, ormai vecchio per iniziare a delineare i tratti del suo vero volto. Fermando la mano di Abramo su Isacco corregge tutte le caricature di Dio come sanguinario. La promessa di una discendenza numerosa come la sabbia del mare sarà una benedizione di cui non beneficerà solo quest’uomo, ma raggiungerà tutti i popoli della terra.
Dice un salmo del popolo di Israele: Di te dice il mio cuore: “Cercate il suo volto”. Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo volto. (Sal 27,8-9) Gesù continuamente nel Vangelo avanza la pretesa di essere il pieno svelamento dei lineamenti di questo Volto. “Chi vede me, vede il Padre” arriverà a dire un giorno. Risponde progressivamente alle domande, si rivela in modo veramente “personale” non dicendo tutto a tutti e subito. La risposta alle domande dei discepoli sul rapporto del Maestro con la legge e i profeti, con la Torah e i Neviim, trovò quel giorno per i soli Pietro Giacomo e Giovanni una risposta. Una risposta rimandata ancora per gli altri nove. Gesù continua a scegliere anche all’interno del numero dei suoi dodici che a loro volta erano stati scelti tra centinaia. Scelti tra i scelti, eletti tra gli eletti. Non per motivi morali. Non per la loro competenza o affidabilità. Non per la loro fede, però scelti. Gesù conduce solo tre a fare esperienza di questa verità o meglio a sentire la voce del Padre. Gesù è il Figlio amato, “l’amato” per eccellenza. Nessuno è stato, è e sarà amato da Dio Padre come Gesù Cristo.
Come il pittore giapponese, alla fine della vita, comprese che per disegnare una sola foglia ci sarebbe voluta una vita intera, a maggior ragione la Rivelazione intima che Dio fa di sé stesso conserva il Mistero della sua libertà che non è immediatamente disponibile. Libertà fatta di scelte, di silenzi. Di comandi: ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Di domande che non hanno subito una risposta: essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
di Padre Maurizio Botta C.O.





