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Corona o Rosario?
Cos’è la corona? La parola designa un oggetto: la catenella sulla quale cinque serie da dieci grani separate da un grano più grosso, permettono di contare le Ave Maria che saranno recitate una dopo l’altra. Quanto al grano più grosso esso invita a cominciare ciascuna decina con un Padre Nostro e a concludere con un Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Per delle ragioni di comodità o di discrezione, la corona si riduce talvolta a una semplice decina dalla forma di anello di metallo o di coroncina più piccola con solo dieci grani (a volte fatta di nodi).
Cos’è il Rosario? Il Rosario è la devozione che usa la corona.
Perché questi nomi di corona e di Rosario? L’oggetto di pietà che noi chiamiamo corona ha come lontano antenato una semplice cordicella con dei nodi che si teneva in mano e che nel Medio Evo serviva a ritmare la preghiera. Non dimentichiamo che allora non c’era l’orologio e che contare le preghiere (all’inizio il Padre Nostro un po’ più tardi le Ave Maria) era il mezzo più semplice per misurare il tempo di preghiera. Il nome corona deriva dall’uso di incoronare le statue della Vergine con corone di fiori. Le rose vero orgoglio dei giardinieri del Medio Evo ornavano le corone più belle. Un vecchio testo tedesco ci mostra Maria che raccoglie ad una ad una le Ave Maria che le sono rivolte come le rose che vanno a comporre la sua corona.
Per molti aspetti, la preghiera del Rosario è insostituibile ed è per questo che la Chiesa ci invita a diffonderla. La sua importanza e la sua popolarità derivano dal suo carattere completo. Il rosario nutre tutto di noi: pensiero, sentire e agire. Ci dona di pensare, sentire e agire come Maria, perché significa stare con Maria e dunque con Gesù. Al cuore del Rosario c’è il Vangelo dell’Annunciazione che ad ogni istante di questa devozione ci riconduce all’avvenimento più decisivo della Storia dell’umanità e della nostra storia personale. Dire con l’angelo Gabriele, Ave Maria, significa radicarsi nel punto in cui Dio si fa uomo e l’uomo diviene Dio, significa radicarci nel nostro Battesimo.
traduzione a cura di Padre Maurizio Botta dall’originale francese del Padre Max Huot de Longchamp
Questa brano è tratto da una stupenda catechesi che Flora Gualdani, fondatrice di Casa Betlemme, tenne da noi, qui alla Chiesa Nuova a Roma, il 4 Dicembre 2016 (qui il testo integrale). Ci sembra eccellente per meditare sul rapporto inscindibile tra Gesù e Maria che approfondiamo ogni volta che preghiamo il Santo Rosario.
Il rapporto inscindibile tra Gesù e Maria
Nel mio cammino mi sono lasciata tenere per mano essenzialmente da questa donna stupenda: «umile e alta più che creatura», dice Dante. È lei la Signora Provvidenza. È lei la Perfetta regista della storia, di ogni storia. E anche della storia di Casa Betlemme. Per questo la ringrazio molto.
La missione di Casa Betlemme è contemplare il mistero dell’Incarnazione esaltando la Maternità di Maria (art. 1 dello Statuto), nel suo ruolo speciale di collaboratrice del Redentore, cioè di Corredentrice. Questa esaltazione oggi mi pare urgente perché c’è una forte corrente teologica che vorrebbe, per ragioni diplomatiche, minimizzare il ruolo della Madonna, relegarla al devozionismo da vecchiette. Ne parlavo tempo fa con Caffarra e gli dicevo: «scusi Eminenza, ma secondo lei, agli occhi del Figlio di Dio sarà più importante non disturbare i protestanti o non offendere la Sua Mamma?». Il cardinale sorrise e mi dava ragione.
Non esiste donna più autorevole e più grande della Madonna: donna del servizio, del dolore e dell’umiltà. Perciò è lei la donna che ha più autorità in cielo e in terra. Tanto da permettersi di dare ordini a Dio. A Cana, con la sua presenza regale e silenziosa, riesce ad “estorcere” al Figlio di Dio il primo miracolo. Appena saputo di essere incinta, era andata in fretta a prestare servizio ad un’altra donna gravida: è la Madre di Dio che si abbassa a servire nel ruolo di ostetrica. Scusate il campanilismo ostetrico, ma ho amato troppo la mia professione e non posso tacere.
Nessuna donna come Maria ha provato le profondità del dolore: capace prima di espropriarsi del suo Bambino neonato per deporlo nella mangiatoia, quale pasto a nutrimento dell’umanità intera. E, dopo, rimanere in piedi sotto la croce per sostenere quel Figlio nell’obbedienza totale.
Poi, al momento della croce, è Lui che si espropria della madre: poteva portarla con sé subito, invece la lascia a noi. Corredentrice dell’opera Sua: ci lascia una Madre speciale con il compito di guidarci a Lui, di proteggerci e di prepararci al ritorno del Figlio e al Suo abbraccio.
C’è un’altra corrispondenza tra il Figlio di Dio e sua Madre: deposto dalla croce, lei lo ha raccolto tra le sue braccia, come fa anche con noi. Lei infatti viene ad accogliere tra le sue braccia ogni persona al momento della morte, per presentarla – quale avvocata – davanti al trono di suo Figlio. Si arriva per mezzo di una madre e si parte tra le braccia della Grande Madre.
Io credo che Gesù abbia ricambiato il gesto di Maria, venendo con i suoi angeli a raccoglierla dalla terra nel momento esatto della dormitio: quando Lui l’ha assunta con sé in cielo, come lei lo aveva assunto in sé al concepimento. La Madonna infatti non è morta perché lei non poteva morire. Se infatti il dolore e la morte sono entrati nel mondo a causa del peccato (Gn 3; Rm 5, 12; Rm 8,22), lei che era senza peccato non poteva essere soggetta alla morte, come la intendiamo noi, perché ne mancava la causa. Lo stesso discorso, come abbiamo visto, vale per il concetto del parto, cioè il dolore del travaglio (Gn 3, 16). San Giovani Damasceno conferma: «Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità, doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte»





