I Promessi Sposi (A. Manzoni)

promessi-sposiI Promessi Sposi (A. Manzoni)

Francesca Golia, Elisa Calessi e Francesco Teresi hanno deciso di salvare nella loro “cassaforte impermeabile” questo libro. Ho chiesto loro di raccontare il perchè in pochissime righe. Eccole.

Per il modo in cui lo leggiamo al liceo sembra roba demodè, da poveretti, ma questo capolavoro va assolutamente conservato e letto tutto, dall’inizio alla fine, senza neanche saltare le descrizioni! La scrittura di Manzoni è lucida, ironica e pietosa: i ritratti dei personaggi sono incredibili e soprattutto la lingua del romanzo su cui l’autore ha continuato a lavorare per oltre vent’anni, fino alla fine della sua vita per permettere agli italiani di leggere e scrivere in un’unica lingua. Qualcuno l’ha definito “un itinerario di formazione linguistica” e io sottoscrivo questa affermazione, ma nel senso più alto di una lingua “romanticamente” intesa,cioè la lingua di un popolo e di una fede sola.” Francesca Golia

“Amo questo libro perché, attraverso la storia persino banale di un matrimonio che si prova a impedire, quello tra Renzo e Lucia, si mette a fuoco quel <guazzabuglio>  che è il cuore umano. Che è il vero tema del romanzo. Raccontando le storie dei vari personaggi, Manzoni fa emergere come a definire le persone, più ancora di quello che sono o hanno fatto, è la libertà nell’istante presente di acconsentire o no alla verità. Per questo possono essere capaci di errori o di giustizia, di viltà o di coraggio, di grandi atti di generosità o di violenza, di arroganza o di umiltà. A volte nella stessa persona si alternano queste possibilità. Da qui la conversione o la dannazione, la scoperta del perdono o la maledizione a cui si condanna, in vita, chi non accetta il perdono. Tutto sotto lo sguardo di una Provvidenza che non toglie le difficoltà, ma assicura della bontà del disegno finale.” Elisa Calessi

“Da ragazzino provai a leggere la Bibbia, da me, senza l’ausilio di nessuno che mi guidasse ad apprendere la parola di Dio. Ma dopo alcune pagine, quando lessi che Enoc, Matusalemme e compagnia bella avevano 300, 450, 700 anni, riposi il Libro sacro in libreria, paragonandolo al Bi e il Ba di Sani Gesualdi, il primo best seller di Nino Frassica. Anche lì i personaggi avevano tantissimi anni sul groppone, ma almeno erano molto più divertenti. Quando morì mio zio, il fratello di mia madre, mi ritrovai spaesato nell’affrontare faccia a faccia la morte. Tutti a casa mia piangevano. Fu evidente che i libri di Frassica in quel contesto servissero davvero a poco. Ero un adolescente che cercava delle risposte. L’unico appiglio sul quale aggrapparmi erano i Promessi Sposi, il testo che stavo studiando a scuola e su cui la mia professoressa d’Italiano tanto si era prodigata. Grazie a Renzo e Lucia e alle lezioni della mia insegnante, riuscii a stare vicino alla mia mamma, parlandole della Provvida Sventura  nella poetica manzoniana e dell’intenzione dell’autore a voler dimostrare la presenza viva di Dio nella storia. Tutte le peripezie vissute dai personaggi di quel romanzo, anche le più ostili, avevano avuto ragione di esistere.  Libro alla mano, provavo a consolare la mamma parlandole di un disegno di Dio, a volte incomprensibile, che gli esseri umani devono accettare, confidando nella Sua volontà.” Francesco Teresi

Biblioteca completa.

 

 

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