Iliade, Odissea, Eneide, Vita Nova, Divina Commedia
Il giovane, ma profondissimo Tommaso Pucci, grande amico di Franco Nembrini, ha salvato in un colpo solo nella sua “cassaforte impermeabile” cinque monumenti letterari senza i quali non potremmo capire il mondo che stiamo vivendo così come ci è stato consegnato. Mi ha colpito profondamente la traiettoria del ragionamento con cui li ha concatenati. Con ragazzi così c’è tanta speranza per il futuro.
“Sui libri ho avuto da subito poche esitazioni: Iliade, Odissea, Eneide, Vita Nova, Commedia. Le grandi storie del passato, le più immaginifiche, sono quelle che fanno un popolo. Perché, se anche Omero dovesse essere esistito, è certo che, come per Virgilio e per Dante, ciò che ha raccontato ci è arrivato perché qualcuno ha deciso di raccontarlo di generazione in generazione. Nell’eroe, in Achille, Ulisse ed Enea, è mostrata una sproporzionata esaltazione di ciò che è umano e niente ricomincia se non parte da una riappropriazione cosciente di ciò che siamo, di chi siamo. E dall’Iliade impariamo che la nostra sorte è assimilabile a quella di eroi in battaglia, perché la vita è una battaglia; dall’Odissea, invece, ci accorgiamo che essa è un viaggio di ritorno, un nòstos portato dalla nostalgia, cioè dall’amore che resta per qualcosa che manca; dall’Eneide infine scopriamo che la vita è entrambe le cose, che esiste un destino provvidenziale che ci guida nelle sorti avverse dell’esistenza e che la nostra terra promessa non è quella da cui siamo partiti. Ciò che il mondo greco non ha saputo spiegare, però, è il mistero della morte, di come tutto possa inspiegabilmente finire per una colpa che grava sulla nostra testa e di cui non ci sentiamo responsabili a tal punto da dover perdere tutto: è l’immagine dello straziante Laocoonte, il sacerdote che rifiutò il dono del cavallo, ucciso da due serpenti insieme ai figli, di fronte al quale la sophìa greca non ha potuto che tacere. O gridare, elevare le sue strida di dolore, nel canto dei suoi tragediografi. Dante parte da qui e nell’iter inaugurato nella Vita Nova e pienamente realizzato nel viaggio celeste della Commedia è riannunciato il cuore del messaggio cristiano: niente di ciò che è umano andrà perduto.”
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Francesca Golia ha salvato nella sua “cassaforte impermeabile” la Divina Commedia con queste parole.
“La Commedia di Dante: da prendere tutta, anche se ormai è così difficile da leggere per un lettore “contemporaneo”, tanto che sembra ne abbiano buttato via le chiavi. Ma a volte non è necessario nemmeno interpretarla, la si può ascoltare, con la sua poesia straordinaria ed eterna e soprattutto nella sua concretezza e materialità. Dante qui inventa una lingua in cui ogni suono parla, se si ha la pazienza di ascoltare e di salire fin su. In ogni epoca la Commedia rivela qualcosa di diverso, come tutti i grandi. Oggi a parlare è soprattutto l’Inferno e non per questioni morali (anche a sentire Dante ai suoi tempi si viveva nella decadenza), ma per la nostra vicinanza ai moduli dell’espressionismo.”
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