My Way (cover Sex Pistols)

my wayMy Way (Sex Pistols)

una canzone ordinaria in una cover straordinaria

Giovanni Lindo Ferretti ha deciso di salvare nella sua “cassaforte impermeabile” lo cover di My Way dei Sex Pistols e lo ha fatto così.

“È la versione punk di una bella e famosa canzone di Frank Sinatra, accattivante come Hollywood, Los Angeles, lo star System, la strada del successo mediatico, ma è evidente che qualcosa si è inceppato e non va. Loro sono giovani e idioti, figli del Welfare State, senza storia, senza arte e senza parte, una faccia da schiaffi. Si spintonano e si sputano addosso. Come non volergli bene? Tutto quello che hanno da dire è NO FUTURE e, in questo, sono più che convincenti. Fosse anche l’ultima volta della solita truffa del rock’n’roll, lì per lì, che bella scossa! E poi, state tranquilli, l’ultima volta non arriva mai. Fino alla fine dei tempi. Ricordare sempre che le vie del cielo sono infinite e da ogni luogo si può cominciare a risalire. Ci sono luoghi così in basso che ben dispongono e luoghi così mediani mediocri accomodanti da invischiare e soffocare ogni anelito vitale.”

Discoteca completa.



Giovanni Lindo Ferretti ha introdotto le sue cinque scelte per la nostra “discoteca” con queste parole.

“Peggio che andar di notte. Buio pesto. Focalizzare e distinguere. Separare e procedere. C’erano le canzoni: un senso, una melodia riconoscibile, nel caso un suono d’accompagnamento, variabile. Le canzoni si cantavano reinterpretandole secondo il momento e il proprio stato d’animo ma all’interno di canoni riconosciuti: religioso, liturgico, d’amore, epico, guerresco, di svago. Poi siamo entrati nel regno della tecnica che ha permesso la registrazione e la riproducibilità, la trasmissione sempre più semplificata. L’ascolto è diventato funzione dominante. Se prima la canzone riempiva lo spazio bastando a sé, ora fa da sottofondo mutevole e costante al tutto, caricandolo emotivamente in un gioco di rimandi. Si è consumato un ciclo dell’uomo: da conoscitore interprete a consumatore prima attento, oculato, poi sopraffatto, esaurito. Si è allargata a tal punto l’offerta da rendere obsoleta la domanda. Certo, non si può fare a meno di canzoni quindi come si fa? Non lo so! E la questione è incantevole: io campo cantando canzoni. Faccio, mestiere o destino, il cantore. C’è un ulteriore problema, determinato dalla lingua. Si parlava e si cantava come si mangiava. Si ascoltano molte lingue, nel contemporaneo, si canta per lo più in inglese e si mangia secondo le mode. Mangiare e cantare sono azioni contigue non sovrapponibili ma l’una richiama l’altra, nella loro perfezione sono complementari e consequenziali. Oggi, con tutti i distinguo possibili, le canzoni sono parte integrante di un canone estetico commerciale che definiamo moda. La moda vende vestiti, accessori, inducendo comportamenti e stili di vita. È economia e finanza. Non serve capire la sostanza delle parole per apprezzare ed amare una canzone moderna. Le parole sono suono, timbro e grana di una voce, ognuno se ne aggiusta il senso a proprio uso e consumo perché non sono il messaggio. Il messaggio è il media. L’accettazione implicita di un’idea, tanto truffaldina quanto evocata: Peace, love, music. Forever.”

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