“Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.”
Nella traduzione italiana dei Vangeli la parola compassione compare otto volte.
Gesù ha compassione per la fame e la stanchezza fisica della folla che lo segue da giorni.
Ha compassione delle persone malate e inferme.
Ha compassione di una povera donna, già vedova, che aveva appena perso suo figlio ancora adolescente.
Ha compassione di un lebbroso.
Gesù usa la parola compassione per descrivere l’interiore del samaritano davanti al poveretto malmenato dai briganti e lasciato in mezzo alla strada mezzo morto.
Infine c’è il versetto di oggi che ci parla di una compassione meno scontata e per noi più difficile da comprendere, forse da accettare. Il nostro istinto è proteso alla ricerca di un’autonomia assoluta. Non vogliamo dipendere da nessuno e non avere bisogno di nessuno. La compassione di Gesù è per uomini e donne che senza un pastore vero si sfiancano di fatica. L’invito a pregare per richiederne a Dio ci fa apprezzare come la penuria di pastori sia un fatto strutturale. Per il mondo sono spazzatura, anzi no, la spazzatura è sempre più preziosa… Per il mondo moderno i sacerdoti sono irrilevanti, nella visione di Cristo decisivi perché gli uomini come pecore, non si perdano, non muoiano di fatica, non si sfibrino per quel dolore tremendo che è non sapere dove si sta andando. Una vita senza essere guidati e custoditi da un pastore diventa atroce e invivibile. Chi non concorda deve lamentarsi con Gesù.
Noi gli obbediamo e preghiamo: Mandaci, o Padre, santi sacerdoti secondo il tuo cuore.





