Asini spirituali

Audio Omelie

19 Maggio 2019 (Nè di destra, nè di centro, nè di sinistra… preti di Cristo)

24 Aprile 2016

V Domenica del Tempo di Pasqua (anno C) – Commento alle letture per la Radio Vaticana


Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Amatevi. Voce del verbo amare, modo imperativo, tempo presente,  seconda persona plurale. Mi sembra che quando si parla di amore i cristiani dovrebbero ripartire dall’analisi grammaticale per non rischiare di diventare asini spirituali. Il Dio dell’Amore per l’amore usa il modo imperativo e la parola comando. Ma ci vuole proprio un comando per amare? Non dovrebbe essere una cosa spontanea? Evidentemente per Gesù no. È un imperativo, non è un consiglio, non è una proposta. Non è, quindi, cosa spontanea. Gesù, poi, definisce questo suo comandamento nuovo. In che senso? È nuovo per il suo contenuto incredibile, non ci è chiesto, infatti, semplicemente di amare, ma di Amare come ha amato Gesù Cristo. C’è quindi un paradigma dell’Amore.

Come ama Cristo e chi ha amato Cristo? Uomini fragili, che non comprendono subito e per intero il Suo Amore, ladri, increduli, paurosi, ambiziosi, che tradiscono, che rinnegano, che scappano, che si nascondono. Amati fino in fondo, al di là di ogni delusione , di ogni tradimento, di ogni incomprensione. Gesù li ha amati fedelmente, solidamente, restando con loro, placando le loro paure, occupandosi anche della loro stanchezza, della loro fame, soprattutto tornando da loro quando tutto sembrava perduto. Chi conosce il Vangelo sa che Lui ha amato così e che proprio così sono quei miseri poveretti che Lui ha amato, discepoli come noi. E se questo è l’Amore, come si può amare così, dal momento che Lui ci comanda di amare così? Cosa vuol dire essere fedeli a questo comandamento decisivo, così decisivo che se siamo o non siamo discepoli lo si può vedere a partire solo da questo?

Ci dice tutto l’orazione inziale della Santa Messa

O Padre, che nel Cristo tuo Figlio rinnovi gli uomini e le cose, fa che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fratelli come tu ci ami, e così manifestare al mondo la forza rinnovatrice del tuo Spirito.

Con Gesù è entrato nella storia dell’umanità un Amore che non esisteva prima, lo Spirito di Dio che ci fa diventare nuovi della novità di Dio. Un Amore che scende dall’alto. Un Amore non fabbricabile e producibile.  Un Amore soprannaturale, indisponibile.  Caritas Christi urget nos!  (L’amore infuocato di Cristo ci sospinge! 2Cor 5,14), era il motto che il Cottolengo stesso affisse sulla porta del primo “Deposito” della Piccola Casa. Questo Amore è di natura diversa rispetto alla filantropia. Tra la Carità e la filantropia c’è un abisso e l’abisso è tutto in quel Christi, in quel come io ho amato voi, ed è l’abisso soprannaturale che c’è tra la creatura e il Creatore, tra ciò che è nel tempo e ciò che è eterno. Non cerchiamolo dentro di noi, chiediamolo. Insieme. Perché quell’imperativo è alla seconda plurale.

di Padre Maurizio Botta C.O.

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