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5 Maggio 2019 (Cristiano Ronaldo e la ubris…)
III Domenica del Tempo di Pasqua (anno C) – Commento alle letture per la Radio VaticanaCommento letture per la Radio Vaticana

Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini
Sono queste le parole che un Pietro, ormai coraggioso, rivolge al sommo sacerdote che lo rimprovera di aver predicato Gesù per tutta Gerusalemme. Questo il commento di Benedetto XVI in una sua omelia del 15 Aprile del 2010: Le dittature sono state sempre contro questa obbedienza a Dio. La dittatura nazista, come quella marxista, non potevano accettare un Dio al di sopra del potere ideologico; e la libertà dei martiri, che riconoscono Dio, proprio nell’obbedienza al potere divino, è sempre l’atto di liberazione nel quale giunge a noi la libertà di Cristo. Oggi, grazie a Dio, non viviamo sotto dittature, ma esistono forme sottili di dittatura: un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostrano come questo conformismo possa realmente essere una vera dittatura. Per noi vale questo: si deve obbedire più a Dio che agli uomini. Ma ciò suppone che conosciamo veramente Dio e che vogliamo veramente obbedire a Lui. Dio non è un pretesto per la propria volontà, ma è realmente Lui che ci chiama e ci invita, se fosse necessario, anche al martirio. Perciò, confrontati con questa parola che inizia una nuova storia di libertà nel mondo, preghiamo soprattutto di conoscere Dio, di conoscere umilmente e veramente Dio e, conoscendo Dio, di imparare la vera obbedienza che è il fondamento della libertà umana.
San Pietro concluse il suo confronto con il sommo sacerdote ricordando l’origine divina della testimonianza, di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono. Ancora oggi il Dono dello Spirito Santo è sempre legato a questa conoscenza-obbedienza. Lo Spirito Santo non sarà mai in contraddizione con la Rivelazione, con il Catechismo.
Prima di fermarci a fissare gli imperativi che Gesù nel Vangelo rivolse a quegli uomini di mare e oggi a noi pastori e a tutta la Chiesa, chiediamoci, ma da che cosa lo riconobbero? Perché le parole e i comandi di Gesù sono così poco spirituali. Sono parole così fisiche su pane, pesce arrostito, pesca e roba da mangiare… Sicuramente lo riconobbero dall’autorevolezza non autoritaria degli imperativi, ma soprattutto da quel miracolo che ancora una volta si stava ripetendo davanti ai loro occhi (Luca 5,1-11). Cominciarono a seguire Gesù, anni prima proprio a partire da una pesca sovrabbondante e miracolosa dopo una notte fallimentare. Un cerchio che si chiudeva partendo da quell’ imperativo misteriosamente accolto, benché assurdo, ora come allora: gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete
Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare
Pietro è obbediente a Dio perché riconosce sempre i doni fatti a Giovanni nel riconoscere la presenza di Gesù. Ora come allora quando gli disse insieme ad Andrea suo fratello: “Abbiamo trovato il Messia!” Dio ci parla anche attraverso gli amici, i fratelli nella fede, i testimoni grandi e piccoli.
Portate un po’ del pesce che avete preso ora
Obbedire al modo di vedere di Dio, significa obbedire al fatto che Dio ci usa, ci coinvolge. Riconoscendo, quindi, il valore della nostra vita, del nostro sì, della nostra libertà.
Venite a mangiare
La conoscenza della Parola di Dio ci parla dei sacramenti. Ricevere i sacramenti è la prima forma di obbedienza. Il sacramento per eccellenza, la Messa Domenicale con tutta la sua irrinunciabile materialità.
Il Vangelo si conclude con una mitragliata di imperativi rivolti al primo Papa
Pasci i miei agnelli … Pascola le mie pecore… Pasci le mie pecore
L’obbedienza speciale richiesta da Gesù a Pietro, riportata a noi non da Marco suo segretario, ma da Giovanni, è chiesta veramente, nonostante la miseria umana che lo portò a rinnegare. Per noi, per essere obbedienti a Dio, per ricevere lo Spirito Santo, è necessario essere obbedienti a questo dono che Dio ci ha fatto. Pietro è per noi. Il Papa è un dono per noi. Le pecore, gli agnelli e il gregge sono di Cristo. Noi siamo tutti di Cristo. Ma il modo che Cristo ha voluto per essere suoi è stato il dono del Papa. Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte»… Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».
L’ultima parola di comando, imperativa che Gesù rivolge a ogni Papa è seguimi!
Su come la testimonianza di Pietro sia sempre legata alla disponibilità al martirio ascoltiamo le ultime parole di Papa Benedetto XVI, pochi giorni prima della rinuncia, in Seminario ai suoi seminaristi Venerdì 8 Febbraio 2013
E penso che, andando a Roma, san Pietro non solo ha pensato a questo passaggio: Gerusalemme/Roma, Chiesa giudeo-cristiana/Chiesa universale. Certamente si è ricordato anche delle ultime parole di Gesù a lui rivolte, riportate da san Giovanni: “Alla fine, tu andrai dove non vuoi andare. Ti cingeranno, estenderanno le tue mani” (cfr Gv 21,18). E’ una profezia della crocifissione. I filologi ci mostrano che è un’espressione precisa, tecnica, questo “estendere le mani”, per la crocifissione. San Pietro sapeva che la sua fine sarebbe stato il martirio, sarebbe stata la croce. E così, sarà nella completa sequela di Cristo. Quindi, andando a Roma certamente è andato anche al martirio: in Babilonia lo aspettava il martirio. Quindi, il primato ha questo contenuto della universalità, ma anche un contenuto martirologico. Dall’inizio, Roma è anche luogo del martirio. Andando a Roma, Pietro accetta di nuovo questa parola del Signore: va verso la Croce, e ci invita ad accettare anche noi l’aspetto martirologico del cristianesimo, che può avere forme molto diverse. E la croce può avere forme molto diverse, ma nessuno può essere cristiano senza seguire il Crocifisso, senza accettare anche il momento martirologico.
di Padre Maurizio Botta C.O.





