Gemito

Dolore-Mantegna2Audio Omelia

Tutto quello che abbiamo detto in questi anni su questa pagina del Vangelo resta valido. Gesù non potrebbe parlare di una beatitudine, di una felicità piena a lui sconosciuta, da lui non pienamente incarnata. Non sono, quindi, descritte categorie di persone, ma i lineamenti della Gioia di Gesù. Gesù parla ai suoi discepoli. Loro per primi sono chiamati a entrare in questa felicità che potremmo definire “al contrario”. Al contrario perché in ogni caso sorge o sorgerà da un gemito, da un sospiro o da un pianto. In alcuni casi giungerà solo “dopo”, al futuro, come ultima parola. In due soli casi è promessa “già ora”, al presente. E questo a me interessa, spero anche a voi. Chi può essere beato, felice, già oggi?

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Queste le uniche possibilità di beatitudine  non al futuro. Possibili al presente. C’è da riflettere. Molto. Noi per parlare di felicità possibile partiamo da queste parole del Figlio di Dio legate al suo regnare su di noi? Mi sembra di no e facendolo vendiamo alle persone un felicità ideologica che si rivelerà incapace di reggere alle lacrime della vita.

Per comprendere, in particolare, il significato di questa “povertà in spirito”, penso a San Paolo. Paolo ebbe rivelazioni di straordinaria grandezza su Gesù, su Dio Padre, sulla vita che ci attende dopo la morte. Ma Paolo stesso, in una sua lettera ai Corinzi, confida per due volte  che per non diventare superbo Dio permise una tentazione di cui egli mai si capacitò. Non ne specifica la natura, ma dice di aver pregato con forza il Signore appositamente per tre volte chiedendo di essere liberato da questo pungolo di Satana.  Davanti a tanta insistenza il Signore rispose a Paolo così: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Dopo questa risposta San Paolo conclude: Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.

Il povero in spirito è, allora, il debole che invoca lo Spirito di Cristo perché dimori in lui la potenza di Cristo. Il gemito più grande lo viviamo quando vogliamo sottometterci al comandamento fondamentale di Gesù, valido per tutti i battezzati. Amatevi come io vi ho amato. Amare è quel fare frutto che rimane per cui Cristo ci ha chiamati. Quanta povertà di spirito autentica occorre per amare come Dio ama. Quante ore di richiesta dello Spirito di Dio, riconoscendosi drammaticamente poveri, per non rimanere sterili nell’amore. Quanti gemiti per chiedere lo Spirito di Dio, per essere assorbiti dal Suo Regno e sperimentare già ora la beatitudine, la felicità. Parlare di altre felicità a buon mercato è tradire il maestro. È tradire la rivelazione di Dio.

di Padre Maurizio Botta C.O.

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